Quando un amore finisce
“[…] oscilliamo
continuamente
tra i due poli
di cervello e cuore”
A. D’Avenia
Quando si è innamorati si crede che la propria storia d’amore durerà per sempre, si è convinti che il proprio amore reggerà a ogni tempesta o, addirittura, che non si vedrà mai nemmeno una nuvola all’orizzonte. Tuttavia, sappiamo bene, che può succedere che un amore finisca, magari all’improvviso, magari a ciel sereno.
Ogni persona reagisce in modo diverso alle rotture sentimentali, c’è chi si lascia andare al pianto ma poi ritrova un nuovo slancio vitale quasi subito, chi invece nega la rottura e cerca insistentemente l’ex, chi ancora ne fa un fallimento personale e mette in dubbio la sua possibilità di essere amato e così via. Si può reagire in modo diverso da un rapporto all’altro e che relazioni durate poco possano essere più dolorose di relazioni lunghe.
Cosa succede a livello psicologico quando ci lasciamo?
Se osserviamo le nostre reazioni emotive e le condividiamo con altri che si sono trovati a vivere una rottura, ci accorgiamo che sono presenti dei punti in comune: la negazione, la rabbia, il venire a patti, la depressione e l’accettazione.
Queste fasi, che corrispondono alle fasi che Elisabeth Kubler Ross individuò nei suoi studi sul percorso di elaborazione del lutto, possono manifestarsi in ordine diverso da persona a persona, alcune fasi possono non essere nemmeno vissute e alcune possono essere provate come più intense di altre.
Ma, in pratica, come possono manifestarsi?
La negazione
La negazione, forse la più intuitiva da rintracciare, si ha quando si prova un rifiuto ad accettare la realtà che si sta vivendo: “È uno scherzo! Scherzi sempre! Non mi stai lasciando davvero, vuoi fare lo stupido! Non ti credo!” oppure “No, ma non ci siamo lasciati, è solo un momento!” o ancora “Adesso la pensa così, ma tornerà!” e così via.
La rabbia
La rabbia si può manifestare sia verso se stessi sia verso l’altro e può essere più o meno intensa ed espressa in modo attivo oppure passivo. Per esempio: “Adesso butto tutte le sue cose! Le spacco in mille pezzi!” oppure “Che imbecille che sono, perché devo sempre fare così?” e simili.
Il venire a patti
Nel momento del venire a patti si cerca un compromesso con se stessi o con l’altro per poter tornare insieme “Se mi curo un po’ di più lui tornerà con me!“, “Se torni con me ti prometto che sarò un fidanzato migliore, laverò i piatti tutte le sere e ti farò sentire una regina!“.
La depressione
La fase di depressione si vive quando si prova un abbassamento del tono dell’umore, ci si sente tristi e sconfortati. Quando ci si trova in questa fase si comincia a prendere consapevolezza che la relazione è davvero finita e, pur provando emozioni apparentemente negative, si può iniziare a costruire le basi per superare la rottura. “Mi manca, non posso stare senza di lui“,
L’accettazione
L’accettazione si vive quando, come dice il termine stesso, si accetta che la propria relazione sia finita e si può andare oltre riprendendo in mano la propria vita: “Anche se è finita non rimpiango nulla, abbiamo avuto dei bei momenti“, “Purtroppo è andata così, ma starò meglio” e così via.
Quando diventa un problema?
Vivere delle rotture, così come vivere dei lutti, fa parte della nostra vita, anche se preferiremmo che non fosse così. Come abbiamo visto, provare emozioni quali la rabbia e vivere stati depressivi è assolutamente normale e fa parte del processo di elaborazione. Se però ci si “incastra” in una di queste fasi potremmo essere nel “guai”.
Incastrarsi nella fase di negazione può portare la persona a vivere fuori della realtà impedendo a se stessa e all’altro di proseguire nella propria vita. Appostamenti nei luoghi frequentati, recarsi dai familiari dell’ex partner come se nulla fosse successo, continuare a dire a chi si incontra che si è in una relazione sono alcuni esempi.
Quando poi ci si incastra nella rabbia i problemi possono degenerare andando da insulti pubblici, danni a oggetti di proprietà dell’ex fino a sfociare in vere e proprie aggressioni fisiche.
Quando la fase in cui si è bloccati è quella depressiva si può incorrere in un vero e proprio Disturbo Depressivo reattivo e arrivare anche, in casi estremi, a procurarsi danni fisici (smettere di nutrirsi ne è un esempio).
Cosa fare quando si soffre troppo per amore?
Il primo passo è riconoscere che si sta soffreddo in modo distruttivo e chiedersi cosa si può fare per stare meglio, riprendendo le parole di Alessandro D’Avenia, “[…] la risposta vera non è quasi mai la soluzione che fa sparire il problema, la risposta è l’apertura alla vita, di cui il domandare è segno […]”.
La risposta più scontata, ma anche la più difficile da mettere in pratica, è chiedere aiuto. Sia che ci si rivolga ad amici o parenti sia che si decida di chiedere aiuto a uno psicologo, la cosa importante è condividere il proprio dolore, le proprie emozioni e i propri pensieri. La possibilità di esprimere a parole ciò che si sta provando permette di elaborarlo, di sentirsi meno soli e di riprendere in mano la propria vita.
Bibliografia
Elisabeth Kubler-Ross (1969), “La morte e il morire”, Cittadella Editrice, Assisi, 1992.
Alessandro D’Avenia, “L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita”, Mondadori, Milano, 2016.